- 1 Aprile 2017
- Postato da: gianluca75
- Categoria: Notizie
Monza, 31 Mar – “Il medico d’azienda nell’esercizio delle proprie attività professionali deve mantenere indipendenza intellettuale e professionale” e nell’esprimere giudizi o affermazioni, “deve rifuggire da interessi che si possano configurare come ‘conflitti di interesse’, soprattutto quando si tratta di informare il datore di lavoro, i lavoratori o i loro rappresentanti nell’impresa su fattori di rischio o situazioni che mostrano evidenza di pericolo per la salute o la sicurezza”.
Queste indicazioni, tratte dal Codice di comportamento dell’Associazione nazionale medici d’azienda e competenti ( ANMA), approvato il 10 ottobre 1997, sono ricordate in un intervento ad un incontro (Monza, 9 novembre 2016) correlato al Piano Mirato di Prevenzione “Contributo del sistema prevenzionistico aziendale all’attività del medico competente” dell’ ATS Brianza.
Nell’intervento “ Aspetti etici legati all’attività di Medico Competente: alcune riflessioni”, a cura del Dr Raffaele Latocca (Direttore UO Medicina del Lavoro – PO S. Gerardo ASST di Monza) si affrontano gli aspetti etici della medicina del lavoro – con riferimento al “Codice internazionale di etica per gli operatori di medicina del lavoro” ICOH e al Codice Anma di Comportamento – e le differenze e specificità del lavoro del medico d’azienda a livello europeo.
Riguardo agli aspetti etici il relatore riporta alcuni punti del Codice di comportamento ANMA dove, ad esempio, si indica che (Art.1) “il medico d’azienda, competente in quanto provvisto dei requisiti richiesti dalla legge e nominato dal datore di lavoro, è il Medico che, inserito nel contesto aziendale per il perseguimento delle finalità generali dell’impresa, attraverso la specifica conoscenza dell’organizzazione aziendale, collabora all’attuazione di quanto necessario affinché l’attività lavorativa si svolga nel rispetto dei principi e delle norme che tutelano la salute dei lavoratori”.
Inoltre il medico d’azienda è un collaboratore diretto del datore di lavoro ed “ha nei suoi confronti un dovere di lealtà basato sulla reciproca libera scelta e sulla reciproca fiducia; il rapporto di lavoro deve essere quindi diretto e formalizzato da apposito contratto che specifichi con chiarezza i rispettivi obblighi, compiti e responsabilità”.
Il codice di comportamento, che si sofferma anche sui rapporti con i lavoratori e il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, sottolinea che (Art. 7) il medico d’azienda “ha la responsabilità di formulare il programma di sorveglianza sanitaria e di proporlo al datore di lavoro. Il programma sanitario deve essere ‘leggibile, adeguato e motivato’. Il medico d’azienda deve assicurare l’utilizzo di esami biologici e di altri accertamenti tenendo conto della loro sensibilità, specificità e valore produttivo preferendo metodi non invasivi e gli accertamenti che non comportano pericolo per la salute del lavoratore interessato. Nel caso si debba far ricorso ad un esame invasivo è necessario lasciare testimonianza di aver valutato rischi, benefici e di aver acquisito il consenso consapevole del lavoratore”.
E riguardo al giudizio di idoneità alla mansione (Art.9) il medico d’azienda deve “basare il proprio giudizio sulla conoscenza scientifica e sulla competenza tecnica”.
Inoltre “allorquando viene espresso un giudizio di non idoneità o idoneità limitata alla mansione specifica, questo deve essere formulato su basi documentate ed oggettive e deve essere certificato in modo chiaro e per iscritto. Il medico deve informare in modo circostanziato il lavoratore interessato e deve certificare la notizia al datore di lavoro senza ledere la dignità del lavoratore”.
Rimandando alla lettura integrale del Codice di Comportamento, veniamo invece alle informazioni sulla medicina del lavoro a livello internazionale.
Il relatore presenta alcune indicazioni tratte da un intervento che si è tenuto al 79° Convegno Nazionale SIMLII e che hanno permesso di avere un quadro della sorveglianza sanitaria dei lavoratori in Europa, con riferimento allo stato di applicazione in Europa della Direttiva 89/91.
È stato infatti messo a punto un questionario con 11 domande e distribuito on-line ai referenti dei 28 Paesi dell’UE con invito alla compilazione.
Riprendiamo alcune delle domande e delle risposte (tra parentesi).
Domanda: “Tutti i lavoratori del tuo Paese sono soggetti a sorveglianza sanitaria sul luogo di lavoro o solo alcuni sottogruppi?”.
Queste le risposte:
a) “tutti i lavoratori coinvolti (Bulgaria, Finlandia, Germania, Olanda, UK, Repubblica Ceca, Slovenia e Spagna);
b) solo specifici gruppi selezionati in base all’esposizione a specifici fattori di rischio (Irlanda, Italia, Lettonia, Portogallo, Svezia);
c) In base alle dimensioni dell’Azienda (Malta);
d) In specifiche condizioni di vulnerabilità – giovane età, lavoratrici in gravidanza (Belgio)”.
Domanda “Chi è il soggetto erogatore della sorveglianza sanitaria?”.
Le risposte:
– “Medico del Lavoro espressamente certificato (Belgio, Bulgaria, Germania, Irlanda, Italia, Lettonia, Slovenia, Spagna e Svezia);
– Medico del lavoro Specialista non certificato (Finlandia, Olanda);
– Qualsiasi in medico in possesso di autorizzazione amm.va (Portogallo);
– Un Medico di Medicina Generale (Repubblica Ceca e Malta);
– Una infermiera in collaborazione con un medico/specialista (UK)”.
Domanda: “Quali sono i principali obiettivi dei programmi di sorveglianza sanitaria dei lavoratori?”.
Le risposte:
– “Riduzione delle Malattie Professionali e degli infortuni (Belgio, Irlanda, Germania, Lettonia, Malta, Portogallo, Repubblica Ceca, Svezia, UK);
– Promozione della capacità lavorativa sui luoghi di lavoro (Finlandia, Slovenia e Spagna);
– Ricerca di segni precoci di malattie professionali ed evidenziazione dei fattori di rischio (Bulgaria);
– Attività svolta per prevenire le malattie professionali, promuovere la salute dei lavoratori e definire l’idoneità alla mansione (Olanda);
– Definizione dell’idoneità alla mansione (Italia)”.
Rimandando alla lettura delle altre risposte/domande contenute nell’intervento, segnaliamo infine che l’intervento si sofferma in particolare sul medico del lavoro in Francia.
Il sistema francese prevede infatti che “i datori di lavoro del settore privato (la sorveglianza nella Funzione pubblica ha una sua propria organizzazione) debbano organizzare a proprie spese la sorveglianza sanitaria dei dipendenti, sotto il controllo sociale e dello Stato”.
Si indica che “vi sono in Francia 6500 medici del lavoro e 10000 operatori sanitari per seguire almeno 15 milioni di lavoratori, che sono inquadrati in 943 servizi di salute sul lavoro a vocazione multidisciplinare” e che sono organizzati come “Servizi autonomi all’interno delle imprese” o come “Servizi interaziendali”. Questi ultimi sono “associazioni non a scopo di lucro amministrate prevalentemente da rappresentanti dei datori di lavoro” e sono sottoposti al “controllo sociale di una commissione di controllo paritaria composta da rappresentanti delle imprese e dei lavoratori”.
Concludiamo segnalando, come riportato nella relazione, che “l’ottanta per cento dei lavoratori in Francia sono seguiti dai servizi interaziendali” e rimandando alla lettura integrale delle slide dell’intervento che si soffermano anche sulle specificità dei compiti del medico del lavoro.